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Infortunio e responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio da COVID-19


Immaginare di avere il rischio zero negli ambienti di lavoro è un’utopia, perciò l’Inail ha fatto chiarezza sulla questione differenziando la responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio dal riconoscimento dell’infortunio.È con la circolare n. 22 del 20 maggio che l’Inail ha specificato la tutela infortunistica nei casi di contagio da Coronavirus durante la prestazione di lavoro.


Nel caso di contagio da COVID-19 l’astensione dal lavoro è riconosciuta come infortunio assicurato dall’INAIL, ma non ha conseguenze sulla responsabilità civile e penale del datore di lavoro.


È l’art. 42, comma 2, del dl n. 181/2020, a chiarire ciò: come per tutte le infezioni da agenti biologici contratte in occasione di lavoro, anche l’infezione da COVID-19 è tutelata dall’Inail come infortunio sul lavoro, perfino nel caso straordinario di pandemia generata dall’ampio rischio di contagio nell’intera popolazione.

Inoltre, la legge prescrive che l’indennità per inabilità temporanea assoluta copre anche la durata del periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria, dalle quali deriva l’astensione dal lavoro.

In più, è esplicitamente disciplinato che gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non influenzano l’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, ma sono a carico della gestione assicurativa nel suo complesso, a tariffa immutata, e quindi non implicano maggiori oneri per le imprese.


La circolare Inail n.13 del 3 aprile 2020 ha precisato che la tutela infortunistica spetta a tutti i lavoratori assicurati con l’Istituto che siano stati contagiati durante la prestazione di lavoro. Per accertare che il contagio da COVID-19 sia avvenuto in occasione di lavoro, sono state riprese le linee guida della circolare Inail n. 74/1995 per l’analisi dei casi di malattie infettive e parassitarie. Tali linee, adottate sulla base di un indirizzo giurisprudenziale duraturo, si incentrano su due regole sostanziali:


  1. deve essere considerata causa violenta di infortunio sul lavoro anche l’azione di fattori microbici e virali, sempre che tale azione, pur se i suoi effetti si manifestino dopo un certo tempo, sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa;

  2. la mancata dimostrazione dell’episodio specifico di penetrazione nell’organismo del fattore patogeno non può ritenersi preclusiva dell’ammissione alla tutela, essendo giustificato ritenere raggiunta la prova dell’avvenuto contagio per motivi professionali quando, anche attraverso presunzioni, si giunga a stabilire che l’evento infettante si è verificato in relazione con l’attività lavorativa.

Dopo l’accertamento di questi principi, si dovranno valutare i fatti, caso per caso, senza supporre automatismi ai fini dell’ammissione a tutela dei casi denunciati.


Al fine di stabilire con certezza la separazione tra il riconoscimento dell’infortunio Inail e la responsabilità giuridica del datore di lavoro, l’Inail e il Ministero del Lavoro hanno riaffermato che “Il riconoscimento dell’origine professionale del contagio si fonda su un giudizio di ragionevole probabilità ma è totalmente avulso da ogni valutazione in ordine alla imputabilità di eventuali comportamenti omissivi in capo al datore di lavoro che possano essere stati causa del contagio.

Tenendo, comunque, presente che non è possibile pretendere negli ambienti di lavoro il rischio zero. Circostanza questa che, ancora una volta, porta a sottolineare l’indipendenza logico-giuridica del profilo assicurativo da quello degli accertamenti giudiziari.”


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